Resilienza individuale: paradigmi e cambiamento

A livello individuale la resilienza è basata sulla conoscenza dei limiti percettivi dell’individuo e la capacità di superare almeno in parte tali limiti, attraverso un percorso di consapevolezza e presa di posizione. Questo aspetto coinvolge in maniera profonda il modo con cui ognuno di noi concepisce il proprio rapporto con la realtà: entrano in gioco quindi dimensioni come: i paradigmi come filtro percettivo, la zona di comfort, l’interpretazione cognitiva.

 

“La resilienza (…) è l’arte di navigare sui torrenti.“   (Boris Cyrulnik).

Competenza che si esprime nel contesto di sfide significative all’adattamento e allo sviluppo" (Masten & Coatsworth, 1998).

 

Dal latino “resilire”: saltare indietro, rimbalzare.

Per un materiale è la capacità di resistere agli urti senza spezzarsi.

In un senso più ampio oggi questo termine è utilizzato in psicologia, ingegneria, economia, ecologia, biologia, e nel linguaggio proprio del management e dell’organizzazione. Nel mio modo di vedere gli ambiti di applicazione della resilienza sono quelli dell’individuo, del gruppo, dell’organizzazione.

Chiarisco in questo post alcuni concetti-chiave a livello di resilienza nell’individuo.

Paradigmi e percezione

La percezione della realtà è conseguente alle convinzioni radicate in noi attraverso l’esperienza. Abbiamo cercato soluzioni ai problemi che l’esperienza del vivere ci ha posto e radicato queste convinzioni in noi, in quanto, a nostro avviso, adatte a risolvere quella situazione. Questo meccanismo è molto sottile, inconsapevole, e agisce potentemente nell’essere umano, strutturando la sua identità. Noi siamo, da questo punto di vista, le nostre convinzioni, i paradigmi che abbiamo maturato. Sarà molto difficile per paradigmi diversi dai miei “passare” attraverso la fitta rete di opinioni, idee, convinzioni, consolidate.

Questo meccanismo inoltre ci inchioda al passato, tempo e il luogo in cui questi paradigmi si sono formati. E’ un grande ostacolo al cambiamento personale e al naturale e libero fluire della vita. Inoltre è un potente filtro percettivo: pur di “aver ragione” (cioè confermare i miei personali paradigmi) sono disposto a tutto e cieco rispetto a ciò che è diverso da me, che io percepisco come fortemente ostile e contrario.

Paradigmi, zona di comfort e locus of control

Dobbiamo immaginare l’individuo che si struttura - attraverso la scelta inconsapevole dei paradigmi a suo avviso funzionali - nel tempo: dall’infanzia (età fondamentale per questa costruzione immaginaria ma per noi molto più che reale) all’adolescenza, fino alla maturità… Ogni convinzione che si radica, diventando paradigma, va immaginata come un mattone di un muro costruito a protezione della/dalla realtà: dentro quel muro c’è la mia zona di comfort, al di fuori la zona di rischio.

Sulla percezione dei confini ha una forte influenza il posizionamento del mio personale “locus of control”, del luogo del controllo: per certe persone è posizionato internamente (il centro della responsabilità è dentro di me, io posso controllare ciò che accade intorno a me), per altre più legato al contesto e alla situazione (il controllo di ciò che accade intorno a me mi sfugge, dipende da altri soggetti o fattori). S’individuano così due figure limite (teoriche): la figura del “timoniere” che conduce le cose verso la rotta corretta e la figura del “pedone”, una semplice pedina in un gioco più grande di lei e su cui ha pochissima possibilità di influenza.

Zona di comfort e zona di rischio

La fortezza strutturata intorno a noi dal nostro radicamento di paradigmi delimita una zona che noi riteniamo sicura e protetta: qui dentro le cose vanno come voglio io, ho il controllo di quello che accade e mi sento sicuro… al centro di questa fortezza - e come elemento regolatore - sta il “dio minore” (come lo definisce il mio amico Gianpiero Collu) dell’aver ragione. Pur di aver ragione l’individuo è disposto a sacrificare ogni cosa, e questo perché è su quell’aver ragione che struttura la sua identità e la sua sicurezza, le sue certezze, la sua vita. E’ una finta “zona d’influenza” (riprendo un concetto di S. Covey): dalla nostra zona di comfort pensiamo di influenzare la realtà ma lì dentro ci siamo solo noi, e quindi stiamo solo cercando una conferma delle nostre convinzioni radicate; non abbiamo nessun potere effettivo sulla realtà.

Uscire dalla zona di comfort è molto difficile perché è in gioco la nostra percezione di identità e perché tutte le nostre sicurezze e certezze sono depositate lì dentro; ma anche vivere in questa zona di comfort è via via sempre più sterile e difficile perché finiamo col nutrirci delle nostre opinioni, peraltro maturate in un tempo lontano in cui tutto intorno a me era diverso da oggi ed anche io ero di fatto un’altra persona… Ci viene a mancare l’ossigeno e la bellezza rappresentata dagli altri, la loro dimensione emotiva, la ricchezza che loro sono per me e a cui io non riesco più ad attingere, chiuso nel mio piccolo mondo.

La zona di comfort è un vero e proprio dramma dell’esistenza, anche se è anche grazie a lei che noi viviamo e che siamo quello che siamo.

Questa dinamica, prettamente meccanica, del vivere, non ha nulla a che fare con la dimensione spirituale e con l’esperienza che ne deriva; la lettura di quello che accade a fronte di una reale conversione alla fede - ad esempio - costituisce esattamente, per molte persone, la soluzione a questo enigma.

Dove e come nasce la resilienza dell’individuo

La resilienza individuale ruota intorno all’interpretazione o valutazione cognitiva. Il nostro modo di interpretare la situazione condiziona quello che percepiamo e il livello di efficacia nella nostra interazione con gli eventi. E’ nota la storiella dei due venditori di scarpe che arrivano in un Paese del terzo mondo e che interpretano la presenza o meno di un mercato per le calzature in modo diametralmente opposto: per il primo il mercato è nullo perché tutti vanno a piedi nudi, per il secondo per questa stessa ragione esistono opportunità infinite. Il primo si deprime e il secondo si esalta, a parità di condizioni.

La realtà oggettiva esiste eccome, ma noi non viviamo nel suo mondo: la nostra esistenza si svolge in un mondo che è una “costruzione”, un’interpretazione effettuata a partire dal reale (Pietro Trabucchi).

La cosa interessante sottolineata da Trabucchi è che questa interpretazione ha conseguenze molto concrete sulla realtà, in primo luogo sul nostro funzionamento fisiologico. “Qualcuno ribatte che è tutta questione di biochimica: vero, ma gli aspetti cognitivi possono modificare a loro volta la biochimica stessa… la sensazione di fatica, ad esempio, è un dato costruito, il frutto di una serie di interpretazioni…”.

E’ evidente in tutto questo la relazione con lo stress e quanto questo dipenda, come noto, dalla nostra risposta ai fattori stressor, piuttosto che da questi stessi fattori.

… e la sicurezza cosa c’entra?

L’individuo resiliente è quindi consapevole dei propri limiti percettivi, del limite naturale costituito dalle convinzioni radicate, dei limiti costituiti dal meccanismo della zona di comfort e delle loro conseguenze: percepisco la realtà attraverso questi filtri, ma sono anche consapevole che la mia identità è più grande ed ha maggiori possibilità di realizzazione di quelle che vedo abitualmente intorno a me.

L’individuo resiliente sa che ciò che percepisce e il modo con cui percepisce la realtà è legato strettamente all’interpretazione del reale che adotta. Un’interpretazione positiva, unita alla mia capacità di interagire e influenzare la realtà, genera azioni costruttive ed efficaci. La mia mente e il mio corpo trovano le risorse necessarie per raggiungere quel traguardo… riesco laddove prima fallivo.

La cultura della sicurezza - da questo punto di vista - è basata, a monte, su un’interpretazione cognitiva condivisa, che il management ha la responsabilità di diffondere (e prima ancora ovviamente di credere) e che supporta il superamento dei limiti individuali, e a valle su azioni di comunicazione e percorsi di training sugli individui e di empowerment del gruppo operativo.