La Matrice della Resilienza in sicurezza

La resilienza è la capacità di fornire risposte forti a segnali deboli. I segnali deboli sono informazioni incerte che potrebbero essere lette come un avvertimento di cambiamenti futuri, contrattempi e opportunità. Potrebbero essere i primi sintomi di un grande cambiamento, ma sono incorporati in una variabilità nascosta nelle operazioni normali e difficile da distinguere dagli eventi casuali. Si propone un modello, la Matrice della Resilienza, che può essere un contributo nell’affrontare questi segnali deboli e potenzialmente risonanti mediante un trasferimento ciclico d’informazioni all’interno del sistema.

IL LIVELLO INDIVIDUO

Cominciamo da come si fanno le cose; possiamo avere 3 situazioni (Rasmussen, 1983):

  • Skill
  • Rule
  • Knowledge

 

Attività automatiche (Skill) – comportamenti stereotipati, realizzati senza riflessione e in modo automatico, si compiono con bassissimo impiego di energia.

Procedure (Rule) – si applicano a situazioni già conosciute, definiscono modalità strutturate di azione e sono attivate quando non esiste padronanza completa del comportamento da attivare, come è invece nel livello di azione automatica.

Conoscenza (Knowledge) – si applicano a situazioni nuove e mai affrontate prima, situazioni per cui è necessario attivare un atteggiamento di problem solving, costituiscono il livello più alto di azione, di conoscenza applicata, per prefigurare il risultato da ottenere e le modalità di azione relative.

Questi tre livelli costituiscono i primi tre step della Matrice. L’operatore è ancora da solo nell’affrontare le varie situazioni operative di contesto e, rispetto alla variabilità della situazione, si trova continuamente in situazione di problem solving, e deve determinare a quale tipo di comportamento è necessario fare riferimento.

Sbagliare il livello della risposta (comportamento attivato) significa cadere nell’errore: quando l’operatore, ad esempio, affronta situazioni particolari, poco conosciute, che richiedono l’applicazione della conoscenza, con risposte del tipo R (regole, procedure) o addirittura del tipo S (automatismo).

Inoltre anche all’interno dei vari livelli si nascondono errori specifici:

  • Skill: distrazioni e dimenticanze
  • Rule: procedure inadeguate o poco conosciute
  • Knowledge: applicazioni ad alto rischio nella soluzione del problema

Va considerata inoltre la forte tendenza a risolvere in automatismo il maggior numero possibile di situazioni, perché a questo livello il consumo energetico è molto basso.

 IL LIVELLO GRUPPO

Se la situazione affrontata non è conosciuta dall’operatore, normalmente è attivata la dimensione del gruppo: un collega può aver già affrontato quello specifico problema con successo. Questa esperienza, questo know-how concreto e operativo maturato “sul campo” viene reso disponibile ad altri operatori; nasce un circolo virtuoso di scambio d’esperienza e apprendimento.

Il gruppo è in grado, infatti, di analizzare e discutere i segnali di variabilità, e può essere un contributo insostituibile nel proporre modifiche di procedure, regole e attività, che tengano conto di questa nuova variabilità che sta caratterizzando il contesto operativo.

Si attiva la Matrice della Resilienza: allo step 4) condivisione d’informazioni, comunicazione, lavoro di gruppo, reti informali; qui avviene anche (a certe condizioni organizzative) il trasferimento di esperienza e conoscenza dai “Maestri di mestiere” alle persone meno esperte.

Nello step centrale il lavoro di gruppo, la soluzione dei problemi da parte del gruppo, genera un adattamento molto importante di prassi e procedure.

Nello step 8) – lo step finale che si attiva dopo il percorso di verifica e approvazione da parte del management (nel livello “organizzazione”) delle proposte formulate dal gruppo - il gruppo verifica al suo interno e testa la validità delle nuove procedure.

IL LIVELLO ORGANIZZAZIONE

L’azione del gruppo è comunque limitata, sia per il tipo di percezione che può avere sulla situazione (molto più estesa di quella dell’individuo, ma più ristretta di quella dell’organizzazione) sia per uno spettro di potere d’azione comunque ovviamente limitato.

A questo punto si attiva la comunicazione interna e le forme di collaborazione più adatte allo specifico contesto operativo e culturale dell’azienda:

  • nello step 5) si attivano le risposte più funzionali agli eventi imprevisti, i report formali e vengono create e validate nuove procedure;
  • nello step 6) le procedure e le barriere protettive vengono adattate attraverso il necessario lavoro di riorganizzazione interna;
  • nello step 7) si esegue il monitoraggio e vengono raccolti i feedback sulle nuove procedure adottate.

La circolarità delle informazioni e le prassi operative attivate dal funzionamento della Matrice della Resilienza permettono una gestione più strutturata e partecipativa del rischio, con conseguente rafforzamento del fare sicurezza.

Il vantaggio di questa matrice è che può essere considerata una “tecnologia” (ha un meccanismo chiaro di funzionamento ed è riproducibile), che viene attivata sulla dimensione sociale e culturale della sicurezza. Definisce nuove regole del gioco, potenzia la collaborazione interna, e produce frutti molto interessanti in termini di buone pratiche avviate.

 

Per un approfondimento sul tema:

https://www.researchgate.net/profile/Giorgio_Dorigatti