La resilienza come qualità individuale riassume un complesso di capacità in grado di mettere la persona nelle condizioni di reagire con flessibilità ai cambiamenti e alle difficoltà.
Resilienza:
“Competenza che si esprime nel contesto di sfide significative all’adattamento e allo sviluppo”. (Masten & Coatsworth, 1998)
La resilienza personale nasce dalla consapevolezza dei nostri limiti nella percezione della realtà, una specie di «cecità» legata a diversi fattori quali la differente interpretazione dei fatti, la presenza di paradigmi che limitano la nostra visione oggettiva, il ruolo che ricopriamo in una determinata situazione, che crea un suo particolare punto di vista, il livello con cui operiamo e affrontiamo le situazioni operative (che può essere in automatismo, applicando procedure, applicando la conoscenza).
Un punto essenziale della resilienza individuale è inoltre la consapevolezza di quanto l’interpretazione cognitiva che diamo dei fatti determini l’efficacia e il successo nell’affrontare le situazioni critiche.
Cecità percettiva
Ci sono molte ragioni per cui l’individuo può non vedere il rischio attorno a sé, anzi si potrebbe dire che la cecità percettiva è un fenomeno universale e del tutto naturale. Non vediamo realmente quanto accade intorno a noi per ragioni riconducibili a:
Anche altri fattori – derivati dal carattere o dalle esperienze - possono condizionare la percezione individuale:
Resilienza nell’individuo in azione
L’individuo (modello SRK, Rasmussen, 1983) operando nel contesto di lavoro, si trova sempre ad agire da uno di questi 3 livelli:
Attività automatiche (Skill) – comportamenti stereotipati, realizzati senza riflessione e in modo automatico, si compiono con bassissimo impiego di energia.
“Questi comportamenti vengono attivati in maniera automatica e soprattutto non sono facilmente modificabili, una volta avviata l'esecuzione del piano di azione è molto difficile, se non impossibile, bloccarla o modificarla” (Bracco, 2007).
Procedure (Rule) – definiscono modalità strutturate di azione e sono attivate quando non esiste padronanza completa del comportamento da attivare, come è invece nel livello di azione automatica.
Conoscenza (Knowledge) – il livello più alto di azione, situazioni per cui è necessario attivare un atteggiamento di problem solving, di conoscenza applicata, per prefigurare il risultato da ottenere e le modalità di azione relative.
Sulla base della variabilità della situazione di contesto (le condizioni operative mutano continuamente, operando in sistemi complessi) l’operatore deve scegliere il livello adatto per fornire la giusta risposta di problem solving. La sua tendenza naturale sarà di restare in posizione skill, di automatismo, che richiede un basso consumo energetico.
Il problema nasce dalla scelta di un livello non adatto ad affrontare la situazione, in altri termini quando l’operatore affronta situazioni che richiedono ad esempio un livello di tipo K con risposte di tipo R o S. Inoltre stare, ad esempio, su un livello di azione automatica, impedisce di vedere criticità emergenti nella situazione. Su questo problema fa testo un filmato che rappresenta un gorilla che transita in mezzo ad alcuni ragazzi impegnati nel passarsi una palla da basket, gorilla che risulta invisibile a chi vede il filmato, impegnato – come da compito assegnato - a contare il numero di passaggi della palla da basket: stare concentrati su un compito rende praticamente impossibile vedere il gorilla.
A livello aziendale vedere la sicurezza significa avere personale impegnato nelle attività operative che, nella consapevolezza dei propri limiti percettivi, riesce a osservare i fenomeni con attenzione diretta a segnali deboli, eventi, situazioni che possono sfociare in incidenti se non opportunamente gestiti e trova (spesso in collaborazione con i colleghi) una risposta valida al problema.
Interpretazione cognitiva
Con il termine “interpretazione o valutazione cognitiva” si sottolinea il fatto che ognuno di noi filtra e seleziona gli stimoli che riceve dall’esterno, accettando e “inserendo nel proprio computer cerebrale” soltanto quelli che ritiene utili ed importanti.
Questa interpretazione ha conseguenze molto concrete sulla realtà, a partire dal nostro funzionamento fisiologico: “la sensazione di fatica, ad esempio, è un dato costruito, il frutto di una serie di interpretazioni…” (Pietro Trabucchi).
Dalla valutazione dei fatti nascono i comportamenti e le strategie che decidiamo di adottare per rispondere alla situazione. Ma non solo: anche la reazione fisiologica che il nostro corpo produrrà nasce qui. Lo stesso evento, a seconda del modo in cui “decidiamo” di vederlo, porterà a stati d’animo, reazioni fisiche e comportamenti del tutto diversi. Per questa ragione si può dire che le persone non siano stressate dagli eventi in sé ma dal modo in cui li interpretano… quindi alcuni modi di interpretare la realtà sono semplicemente più funzionali di altri: ci rendono più resilienti e ci aiutano a raggiungere obiettivi sfidanti e a superare le difficoltà…
L’individuo resiliente sa che ciò che percepisce e il modo con cui percepisce la realtà è legato strettamente all’interpretazione del reale che adotta. Un’interpretazione positiva, unita alla capacità di interagire e influenzare la realtà, genera azioni costruttive ed efficaci. La mia mente e il mio corpo trovano le risorse necessarie per raggiungere quel traguardo… riesco laddove prima fallivo.
La cultura della sicurezza - da questo punto di vista - è basata, a monte, su un’interpretazione cognitiva condivisa, che il management ha la responsabilità di diffondere (e prima ancora ovviamente di credere) e che supporta il superamento dei limiti individuali, e a valle su azioni di comunicazione e percorsi di training sugli individui e di empowerment del gruppo operativo.